Omelia del Vescovo alla Messa per gli IdR

Omelia di S.E. Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia, alla Santa Messa per gli insegnanti di religione cattolica

San Pietro in Ciel d’Oro – lunedì 29 ottobre 2018

Carissimi fratelli e sorelle, cari insegnanti,

Vi ringrazio di aver accolto l’invito a vivere questa celebrazione eucaristica, in questa bella basilica che custodisce, insieme ai resti venerati del grande S. Agostino, il sepolcro di San Severino Boezio: illustre filosofo cristiano, nato intorno all’anno 480 e morto, per volontà dell’imperatore Teodorico, ariano e barbaro, il 23 ottobre 524, fedele fino alla fine alle proprie convinzioni ideali, religiose e politiche, è venerato da secoli come martire nella nostra Diocesi.

Alla sua intercessione e protezione, vogliamo affidare il servizio prezioso e non facile che voi svolgete come docenti di religione cattolica, nelle scuole statali e paritarie, di ogni ordine e grado, dai bimbi della scuola d’infanzia, ai giovani degli ultimi anni delle scuole superiori.

Ancora una volta vi rinnovo il mio ringraziamento, il mio sostegno e la mia stima, come Vescovo, per la vostra presenza e la vostra attività, che vi mette a contatto con il mondo della scuola, con gli studenti, con i colleghi docenti, con i dirigenti scolastici e con il personale ausiliario dei vostri istituti; ringrazio anche il Servizio diocesano per l’IRC nella persona della gentile Carmela Sacchi con i suoi collaboratori, e la Pastorale scolastica guidata da Don Matteo Zambuto: grazie di cuore per la passione e l’impegno che spendete per una presenza cristiana nella scuola, grazie per le iniziative di formazione e di accompagnamento realizzate e proposte, per assicurare una sempre maggiore qualità al lavoro di tutti voi, cari docenti di religione.

Ci mettiamo in ascolto dell’unico Maestro, cercando di fare tesoro della Parola appena proclamata: sono le letture che la Chiesa ci offre in questo giorno, non le abbiamo scelte noi, e tuttavia racchiudono un messaggio bello e appropriato alla vostra missione d’insegnanti di una disciplina scolastica, che ha pari dignità con le altre, com’è l’insegnamento della religione cattolica: si tratta certamente di un insegnamento che ha caratteristiche peculiari, nel quadro delle finalità formative della scuola, un insegnamento che chiede preparazione, competenza e aggiornamento, e tuttavia è occasione di una testimonianza chiara di fede, nel rapporto che nasce tra voi e i vostri studenti.

Ora, nella pagina del vangelo di stasera, Luca ci racconta un episodio accaduto a Gesù, mentre «stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato» (Lc 13,10). Certo, si trattava di un insegnamento in un contesto religioso, e non laico come la scuola, però quello accadde quel giorno ha qualcosa da dire anche a noi, anche a voi che passate tante ore a insegnare nelle vostre classi.

Infatti, Gesù notò la presenza di una donna «che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta» (Lc 13,11). Non sfuggì agli occhi di Cristo questa donna ripiegata su se stessa, incapace di stare eretta, e lo sguardo attento del Signore divenne gesto, azione e parola potente: «Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: “Donna, sei liberata dalla tua malattia”. Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio» (Lc 13,12-13).

Carissimi amici, credo che possa accadere anche a voi, nel guardare il volto dei bambini e dei ragazzi che sono nelle aule dei vostri istituti, d’incontrare talvolta adolescenti o giovani come rattrappiti nei loro desideri, ripiegati un po’ tristemente su di sé, chiusi nel loro silenzio, pieni di paure e sospetti di fronte alla vita e al futuro, o magari segnati, già nella loro infanzia, da vuoti affettivi, da tensioni che vivono in famiglia, da sofferenze nascoste. In questo mese la Chiesa, attraverso il Sinodo dei Vescovi appena concluso, ha voluto prestare attenzione al vissuto complesso di tanti giovani, alle incertezze che accompagnano la loro vita, alla mancanza di prospettive e di speranza grandi che purtroppo si può cogliere, parlando con molti di loro.

Ebbene, voi come docenti di religione, attraverso il percorso della vostra materia, siete chiamati a entrare in dialogo con loro e con le loro famiglie, e non in modo astratto o generico, ma attraverso la concretezza di volti e di nomi che popolano le vostre classi, e avete una grande occasione: quella di aiutare i vostri studenti ad aprirsi alla ricchezza e al mistero della loro umanità e della vita tutta, a scoprire, nella libertà, la grande Presenza di Dio che si fa strada nelle loro domande – a volte immense e cariche d’inquietudine, fin da bambini – e a incontrare la luce potente di Gesù. Mi ha colpito, nelle scorse settimane, rileggere un testo famoso di Paolo VI, di San Paolo VI, canonizzato domenica 14 ottobre da Papa Francesco; nel suo Pensiero alla morte, scritto nel 1965, il santo Pontefice ripercorre il cammino della sua vita e ricorda la grazia più grande, così: «Poi io penso, qui davanti alla morte, maestra della filosofia della vita, che l’avvenimento fra tutti più grande fu per me, come lo è per quanti hanno pari fortuna, l’incontro con Cristo, la Vita».

Voi, carissimi insegnanti, nella misura in cui, come Gesù nella sinagoga, sapete vedere e guardare il volto dei vostri alunni, sapete entrare in rapporto con loro, evocando e ascoltando le loro domande e i loro desideri più vivi e profondi, potere essere testimoni! Cristo ha mille strade per venire incontro a noi, e certamente egli può toccare e ridestare la vita dei vostri studenti, anche attraverso di voi, attraverso quello che siete, attraverso quello che dite e comunicate.

Qui possiamo raccogliere una seconda notazione, dalle letture di oggi: Gesù nel vangelo, dopo aver chiamato a sé la donna ricurva, le restituisce pienezza di vita, con la sua parola efficace: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Ovviamente, non vi è chiesto di fare miracoli o esorcismi, ma di poter offrire parole vere e grandi, capaci di risvegliare l’umano, il cuore che vibra in ogni bambino, in ogni adolescente, in ogni giovane, magari coperto da tante incrostazioni e dimenticanze: siete chiamati, come docenti di religione, a essere una presenza rispettosa e attenta alla libertà di ogni vostro studente, una presenza carica di parola, carica di una proposta.

San Paolo nella seconda lettura, avverte i suoi interlocutori: «Nessuno vi inganni con parole vuote» (Ef 5,6). Certo, nel passo in questione, si tratta di parole vuote, che ingannano, nascondendo la gravità di certi disordini e comportamenti (fornicazione, impurità, avarizia), ma possiamo interpretare il testo in un senso più generale: che le nostre parole, come insegnanti, come educatori, come pastori, non siano parole vuote, che non dicono nulla, che non propongono nulla, parole che non provocano la libertà di chi ci ascolta.

Perché se è vero che siamo chiamati a metterci in ascolto – in ascolto di Dio e della sua parola, in ascolto degli uomini, dei vostri studenti e colleghi – è altrettanto vero che non possiamo limitarci ad ascoltare, altrimenti non c’è incontro, non c’è dialogo, non c’è una proposta offerta al cuore e alla ragione, da verificare e da personalizzare!

Infine, carissimi, c’è una condizione per essere testimoni nel vostro insegnamento, con tutte le sue gioie e fatiche, con i suoi insuccessi e i suoi frutti: essere noi, per primi, uomini e donne che vivono la gioia dell’incontro con Cristo, come una presenza liberante per la nostra esistenza, uomini e donne che si alimentano e vivono della Parola viva di Dio nell’ascolto quotidiano e che percorrono un cammino reale di conversione nell’appartenenza alla Chiesa, in una comunità cristiana con un volto ben identificabile e familiare.

Solo così, potremo sentire nostre e realizzare le parole finali dell’apostolo Paolo, rivolte ai cristiani di Efeso: «Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce» (Ef 5,8).

Che Sant’Agostino e San Severino Boezio, uomini di fede e di pensiero, che si sono lasciati plasmare dalla parola sapiente delle Scritture, in un costante dialogo con la filosofia e la cultura dei loro tempi, intercedano perché in noi sia sempre viva la passione d’insegnare e di proporre a chi incontriamo la bellezza di parole capaci di dare significato e orizzonte alla vita! Amen

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